Si è tenuta a Pinzolo nelle giornate di sabato 16 e domenica 17 luglio la tradizionale Festa provinciale dell'Emigrazione Trentina. L'edizione 2011 dell'appuntamento, organizzato dall'Associazione Trentini nel Mondo onlus, è stata dedicata al fenomeno migratorio trentino verso il Cile, del quale proprio quest'anno ricade il 60° anniversario.
L'evento si è aperto nel primo pomeriggio di sabato quando, all'interno del Paladolomiti messo a disposizione dell'Associazione dall'amministrazione comunale di Pinzolo, il giornalista Luciano Imperadori (già consigliere della Trentini nel mondo e attuale membro del Collegio dei probiviri) ha moderato davanti a una numerosa platea una tavola rotonda a più voci su quella che è stata una pagina contrastata ma importante della storia migratoria della nostra provincia.
Dopo l'introduzione ai lavori e il saluto del presidente dell'Associazione, Alberto Tafner, e del sindaco di Pinzolo, William Bonomi, ad aprire il dibattito è stato il console cileno a Milano, Jaime Contreras Nogueira.
«Ammetto di sentirmi un po' italiano e per certi versi anche trentino per quanto questa comunità ha saputo fare per il Cile e per la propria terra d'origine», ha esordito il diplomatico ripercorrendo le tappe principali che hanno segnato il percorso migratorio trentino nel paese sudamericano. E, andando oltre, ha voluto rimarcare come oggi i «nuovi cileni trentini» siano riusciti ad affermarsi , «ricoprendo posizioni di primissimo livello all'interno della comunità cilena, con famosi architetti, artisti, illustri accademici ed economisti, nonché personalità politiche e uomini di impresa».
Il discorso del console non ha però mancato di toccare alcuni punti meno piacevoli dell'esperienza trentina nel suo paese, riconoscendo come i progetti di colonizzazione e gli accordi siglati tra i due paesi «nei fatti abbiano dimostrato molte lacune, lasciando spesso irrealizzati i sogni di benessere e le speranze di centinaia di famiglie».
Centinaia di famiglie per circa un migliaio di trentini. Questi i numeri del quadro disegnato dai giornalisti e studiosi del fenomeno migratorio trentino in Cile, Mauro Lando e Renzo Maria Grosselli.
Entrambi, nei loro interventi, hanno ben ricostruito il contesto economico-sociale del Trentino nel primo dopoguerra e i rapporti diplomatici tra l'allora Regione e il governo cileno che resero possibile la prima ondata migratoria del 1951 - che coinvolse circa venti famiglie, per lo più andate a popolare la località de La Serena - e la successiva del 1952, quando le famiglie che raggiunsero il Cile furono 120, per un totale di 758 persone.
Circa un migliaio di cittadini trentini dunque che, secondo le parole degli studiosi «furono usati per adempiere ad accordi politici siglati tra Degasperi - "Riprendere le vie del mondo" il motto dello statista trentino - e l'allora presidente cileno Videla, con la convinzione che gli accordi di colonizzazione in Cile potessero porre un freno alle condizioni di povertà e alla galoppante disoccupazione che attraversavano il Trentino della ricostruzione».
Le cose però non andarono proprio così come ci aspettava o come le parti fecero poi credere all'opinione pubblica. «Le terre assegnate non erano coltivabili o spesso ancora erano nella disponibilità dei coltivatori cileni, le case coloniche non erano ancora state edificate, l'acqua potabile era lontana chilometri dal villaggio né ce n'era a sufficienza per irrigare i piccoli appezzamenti che potevano essere lavorati» hanno spiegato supportati dall'intervento di don Vittorio Cristelli, già direttore di Vita Trentina. Elementi questi che, uniti a una forte instabilità politica e sociale del paese sudamericano portarono presto alla disperazione e in seguito alla rivolta di diverse famiglie che ben presto decisero di far ritorno in patria o di spostarsi in altre località del Cile o in altri paesi del continente sudamericano.
Anche il presidente del Consiglio provinciale, Bruno Dorigatti, nel portare il suo saluto, ha voluto ricordare l'esperienza di quelle famiglie trentine che attraversarono l'oceano alla volta del Cile. «Abbiamo bisogno, oggi più che mai, di quel coraggio, quella forza, quella determinazione che apparteneva ai nostri emigranti» ha detto Dorigatti, plaudendo al lavoro dell'Associazione e ripercorrendo le tappe di una vicenda dolorosa caratterizzata da disorganizzazione, promesse non mantenute e difficoltà taciute, riconoscendo anche le responsabilità dell'allora classe politica. «Ricordare quell'esperienza - ha concluso il presidente - non vuol dire rifiutarla, ma farne tesoro, affinché le difficoltà di allora non abbiano mai più a ripetersi, né qui, né altrove».
Concetto ribadito anche da Nadia Arnoldi, Consultrice per il Cile della Provincia autonoma di Trento. «I frutti dell'emigrazione vanno oltre i meri dati statistici e sono invece un arricchimento culturale e sociale per entrambe le comunità, quella cilena e quella trentina, che oggi in Cile è tenuta in grande considerazione e ricopre un ruolo importante in ogni ambito della comunità e della vita del paese» ha sottolineato.
Il pomeriggio è proseguito con la proiezione delle video-testimonianze realizzate dall'Associazione a Renato Albertini ed a Vito Eccher, cui hanno fatto seguito i racconti di Natalina Broll Albasini e di Silvana Gennara, presidente dell'Associazione Hueñihüen che, col suo gruppo folkloristico ha presentato alcuni saggi di ballo popolare cileno.
A chiudere la serata l'esibizione del Coro Presanella di Pinzolo.
Galeria de Fotos
Tavola Rotonda
Sfilata e Santa Messa
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